mercoledì 13 agosto 2014

La scuola in due parole: che schifo




    La riflessione (o l’evidenza),  da me assolutamente condivisa, nasce dopo aver letto l’articolo in prima pagina de il Fatto Quotidiano, uscito mercoledì, 6 agosto 2014 dal titolo: “Pensioni, tagli e stipendi, i professori messi in croce”, sottotitolo: “Non solo il dietrofront sugli “esodati” della scuola: gli insegnanti sempre più categoria da macello. Buste paga tra le più basse in Europa e precarietà sfrenata. £Che schifo, prima ci sfruttano e poi ci buttano”.

Le prime due riflessioni immediate (successivamente riporterò in parte l’articolo de il Fatto Quotidiano) a quanto sta accadendo (dov’è la novità?) alla scuola italiana (e al nostro paese) possono  essere riassunte da me in due titoli:

La grande madre divoratrice

Lo Stato prima investe milioni di euro sull’Istruzione e la Formazione dei docenti e poi li parcheggia in attesa di non si sa che cosa, li rende precari e li tiene nel limbo di un futuro che non arriva (però poi paga, anzi paghiamo, le multe all’Europa).

La qualità della scuola italiana:

Una volta Bob Kennedy disse: Il Pil misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”
(Per ulteriori approfondimenti si può leggere l’articolo di Vito Lops apparso su - Il Sole 24 Ore -  all’indirizzo http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-03-13/kennedy-misura-tutto-eccetto-110557.shtml?uuid=Aby2VadH), ora , che c’entra il PIL con la scuola? Anzi con la qualità della scuola? La scuola non può essere raccontata attraverso i numeri, o perlomeno non solo attraverso di essi, la scuola è fatta soprattutto di persone e interazione tra di loro, in altre parole il prodotto interno lordo, misura la crescita (o la decrescita) di un paese attraverso i numeri, ma non misura l’effettiva qualità della vita delle persone, insomma, per raccontarla ancora di più terra, terra, l’importante è che alla fine “quadrino i conti” a prescindere da tutto il resto, non importa se saltano le “capocce” o se non diamo un futuro ai giovani. Questo sembra perpetrare la politica scolastica italiana (o chi per lei).

Si potrebbero leggere migliaia di contestazioni (che non trovano nessun riscontro, figuriamoci un insegnante, non lo trovano i sindicati!) di insegnanti consapevoli della situazione e impotenti allo stesso tempo. Ne ho scelta una fra tutte da Orizzontescuola.it: La maestra Rosalinda scrive a Renzi: “Le riforme vanno contrattate, studiate, sperimentate e per essere efficaci il più delle volte devono partire da un investimento e non da un taglio imposto.”, niente di più vero. La “lettera” intera la potete trovare al link: http://www.orizzontescuola.it/comunicati/maestra-rosalinda-scrive-matteo-renzi

Sapete cosa risponde Renzi? (Ovviamente in generale, non risponde personalmente a questa lettera): “E’ della stessa sera l’intervento di Matteo Renzi su La7 in diretta a “In Onda” durante il quale il Presidente del Consiglio parla dell’intervento del governo sulla scuola: “Sulla scuola questo tipo di intervento avrà un grande valore politico e simbolico”. Quando viene chiesto al premier se la scuola sia un suo pallino, Renzi candidamente risponde che “E’ un pallino della gente a casa.

Quando vedi i politici che parlano di edilizia scolastica e di che cosa imparano i figli a scuola, e che si pongono il problema di come dare agli insegnanti un po’ di stima, perché è quello che manca in Italia per gli insegnanti, prima ancora dello stipendio che c’è, è la stima della società, delle famiglie, in questo lavoro che per me è fondamentale.

” Renzi parla della crescita dell’Italia “Tra 10 anni l’Italia crescerà se avrà un sistema educativo più forte e più solido. Siccome la nostra scuola non è così male come viene dipinta ma ha bisogno di essere aiutata e rimessa in condizioni di volare, io sarò giudicato se la scuola riparte o no”.”


La nostra scuola non è così male come viene dipinta” questa frase, caro Renzi, è uno dei tanti clichè della politica italiana,  la situazione scuola, e lo urlo a gran voce e lo ribadisco, è uno schifo, mi dispiace ma non trovo altre parole per esprimere più chiaramente ciò che sento dentro e che vivo continuamente in prima persona.

In un articolo apparso su La Repubblica di venerdì 23 dicembre 2011 il ministro Profumo così mi rispondeva (questa volta direttamente all’interlocutore, cioè a me in prima persona) in un video forum a proposito dell’autostima degli insegnanti: “Io l’autostima ce l’ho, è la società che dovrebbe ritrovarla negli insegnanti”. La risposta di Profumo è stata: “La scuola è meglio di quel che che appare, la sua comunità può tornare all’amore per questo lavoro diverso da tutti gli altri”. Parole vuote.

Infine, e sempre a proposito della qualità della scuola, un’altra mia ulteriore e definitiva sintesi è questa: “Chi vuole uscire, chi vuole andare giustamente in pensione perché ha già dato, non può uscire, chi vuole entrare, non può entrare, mi riferisco ai giovani e alle forze nuove. Risultato di tutto ciò, gli insegnanti sono sempre più demotivati, stanchi e affranti. È questo il messaggio di rinnovamento della scuola tanto conclamato (a questo punto direi tanto procrastinato) dal Governo Renzi?

Passiamo ora all’articolo (parziale) di Salvatore Cannavò apparso su il Fatto Quotidiano di mercoledì 6 agosto 2014.

Dietro la lavagna
Cari maestri d’Italia
Finiti in castigo

La beffa di “quota 96” è solo l’ultima di una serie che relega i nostri insegnanti tra i più precari e peggio pagati d’Europa. E il Premier annuncia un’altra riforma

La beffa dei “quota 96” ha dell’incredibile ma non è l’unica ritorsione nei confronti degli insegnanti italiani. Che vivono davvero come foglie  sospese sugli alberi d’autunno. L’elenco delle vessazioni che hanno subito negli ultimi anni e che continuano a subire potrebbe non finire mai.

Il risarcimento mancato per una manciata di spiccioli.

Solo in un paese in cui chi governa non sa nulla della scuola e dove i ministri si alternano come nel gioco dei quattro cantoni, si poteva confondere l’anno solare con l’anno scolastico e impedire ai docenti che avevano raggiunto i requisiti per la pensione entro l’anno scolastico 2011/2012 (con la “quota 96”) di andare in pensione nel 2012, primo anno dell’era Fornero. L’emendamento a loro favore dopo essere stato votato con la fiducia alla Camera è stato eliminato, con la fiducia, al Senato. Un capolavoro di schizofrenia che ora, secondo quanto riportato da orizzontescuola.it, potrebbe essere sanato con un provvedimento ad hoc che, però, potrebbe contenere un’altra beffa: ammettere il pensionamento con una penalizzazione del loro assegno.
Il peccato originale della scuola italiana, in realtà, deriva dai tagli della riforma Gelmini. Dietro il folklore del grembiulino si nascondeva il più poderoso taglio di risorse mai effettuato.

Dalla Gelmini in poi, una politica a base di tagli.

Secondo i dati della Flc-Cgil, tra il 2007/2008 e il 2012/2013, a fronte di una crescita di 90 mila alunni si sono avuti 81.614 docenti in meno: da 707 a 626 mila assunti a tempo pieno indeterminato. Le classi tagliate sono state 9 mila. Il mito del maestro unico ha significato un taglio di 28.032 unità nonostante gli alunni siano stati più di 18 mila con un taglio di oltre 4 mila classi. La riorganizzazione dei licei e degli istituti tecnici presentata dall’allora ministra Gelmini come rivoluzione, è servita a produrre una diminuzione del corpo insegnanti di 34.464 unità con la soppressione, anche qui, di oltre 4 mila classi. Facile immaginare l’aumento del caos e dei carichi di lavoro. Nessuno dei tre ministri in tre anni che l’hanno seguita (Francesco Profumo, Maria C. Carrozza, giannini) ha saputo mettere le mani a questa iniquità. E la scuola continua a scoppiare.


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