La
riflessione (o l’evidenza), da me
assolutamente condivisa, nasce dopo aver letto l’articolo in prima pagina de il
Fatto Quotidiano, uscito mercoledì, 6 agosto 2014 dal titolo: “Pensioni, tagli e stipendi, i professori
messi in croce”, sottotitolo: “Non
solo il dietrofront sugli “esodati” della scuola: gli insegnanti sempre più
categoria da macello. Buste paga tra le più basse in Europa e precarietà
sfrenata. £Che schifo, prima ci sfruttano e poi ci buttano”.
Le prime due riflessioni immediate (successivamente riporterò in parte l’articolo de il
Fatto Quotidiano) a quanto sta accadendo (dov’è la novità?) alla scuola
italiana (e al nostro paese) possono
essere riassunte da me in due titoli:
La grande madre divoratrice
Lo
Stato prima investe milioni di euro sull’Istruzione e la Formazione dei docenti
e poi li parcheggia in attesa di non si sa che cosa, li rende precari e li
tiene nel limbo di un futuro che non arriva (però poi paga, anzi paghiamo, le
multe all’Europa).
La qualità della scuola italiana:
Una
volta Bob Kennedy disse: Il Pil misura
tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”
(Per ulteriori approfondimenti si può
leggere l’articolo di Vito Lops apparso su - Il Sole 24 Ore - all’indirizzo http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-03-13/kennedy-misura-tutto-eccetto-110557.shtml?uuid=Aby2VadH),
ora , che c’entra il PIL con la scuola? Anzi con la qualità della scuola?
La scuola non può essere raccontata attraverso i numeri, o perlomeno non solo
attraverso di essi, la scuola è fatta soprattutto di persone e interazione tra
di loro, in altre parole il prodotto interno lordo, misura la crescita (o la
decrescita) di un paese attraverso i numeri, ma non misura l’effettiva qualità
della vita delle persone, insomma, per raccontarla ancora di più terra, terra,
l’importante è che alla fine “quadrino i conti” a prescindere da tutto il
resto, non importa se saltano le “capocce” o se non diamo un futuro ai giovani.
Questo sembra perpetrare la politica scolastica italiana (o chi per lei).
Si
potrebbero leggere migliaia di contestazioni (che non trovano nessun riscontro,
figuriamoci un insegnante, non lo trovano i sindicati!) di insegnanti
consapevoli della situazione e impotenti allo stesso tempo. Ne ho scelta una
fra tutte da Orizzontescuola.it: La maestra Rosalinda scrive a Renzi: “Le
riforme vanno contrattate, studiate, sperimentate e per essere efficaci il più
delle volte devono partire da un investimento e non da un taglio imposto.”,
niente di più vero. La “lettera” intera la potete trovare al link: http://www.orizzontescuola.it/comunicati/maestra-rosalinda-scrive-matteo-renzi
Sapete
cosa risponde Renzi? (Ovviamente in generale, non risponde personalmente a
questa lettera): “E’ della stessa sera
l’intervento di Matteo Renzi su La7 in diretta a “In Onda” durante il quale il
Presidente del Consiglio parla dell’intervento del governo sulla scuola: “Sulla
scuola questo tipo di intervento avrà un grande valore politico e simbolico”.
Quando viene chiesto al premier se la scuola sia un suo pallino, Renzi
candidamente risponde che “E’ un pallino della gente a casa.
Quando vedi i politici che parlano di
edilizia scolastica e di che cosa imparano i figli a scuola, e che si pongono
il problema di come dare agli insegnanti un po’ di stima, perché è quello che
manca in Italia per gli insegnanti, prima ancora dello stipendio che c’è, è la
stima della società, delle famiglie, in questo lavoro che per me è
fondamentale.
” Renzi parla della crescita dell’Italia
“Tra 10 anni l’Italia crescerà se avrà un sistema educativo più forte e più
solido. Siccome la nostra scuola non è così male come viene dipinta ma ha
bisogno di essere aiutata e rimessa in condizioni di volare, io sarò giudicato
se la scuola riparte o no”.”
Vai
a link: http://www.orizzontescuola.it/node/43766
“La nostra scuola non è così male come viene
dipinta” questa frase, caro Renzi, è uno dei tanti clichè della politica
italiana, la situazione scuola, e lo
urlo a gran voce e lo ribadisco, è uno schifo, mi dispiace ma non trovo altre
parole per esprimere più chiaramente ciò che sento dentro e che vivo
continuamente in prima persona.
In
un articolo apparso su La Repubblica di venerdì 23 dicembre 2011 il ministro Profumo
così mi rispondeva (questa volta direttamente all’interlocutore, cioè a me in
prima persona) in un video forum a proposito dell’autostima degli insegnanti:
“Io l’autostima ce l’ho, è la società che dovrebbe ritrovarla negli
insegnanti”. La risposta di Profumo è stata: “La scuola è meglio di quel che che appare, la sua comunità può
tornare all’amore per questo lavoro diverso da tutti gli altri”. Parole vuote.
Infine,
e sempre a proposito della qualità della scuola, un’altra mia ulteriore e
definitiva sintesi è questa: “Chi vuole uscire, chi vuole andare giustamente in
pensione perché ha già dato, non può uscire, chi vuole entrare, non può
entrare, mi riferisco ai giovani e alle forze nuove. Risultato di tutto ciò,
gli insegnanti sono sempre più demotivati, stanchi e affranti. È questo il
messaggio di rinnovamento della scuola tanto conclamato (a questo punto direi tanto procrastinato) dal Governo Renzi?
Passiamo
ora all’articolo (parziale) di Salvatore Cannavò apparso su il Fatto Quotidiano
di mercoledì 6 agosto 2014.
Dietro la lavagna
Cari maestri d’Italia
Finiti in castigo
La
beffa di “quota 96” è solo l’ultima di una serie che relega i nostri insegnanti
tra i più precari e peggio pagati d’Europa. E il Premier annuncia un’altra
riforma
La
beffa dei “quota 96” ha dell’incredibile ma non è l’unica ritorsione nei
confronti degli insegnanti italiani. Che vivono davvero come foglie sospese sugli alberi d’autunno. L’elenco
delle vessazioni che hanno subito negli ultimi anni e che continuano a subire
potrebbe non finire mai.
Il risarcimento mancato per una manciata di
spiccioli.
Solo
in un paese in cui chi governa non sa nulla della scuola e dove i ministri si
alternano come nel gioco dei quattro cantoni, si poteva confondere l’anno
solare con l’anno scolastico e impedire ai docenti che avevano raggiunto i
requisiti per la pensione entro l’anno scolastico 2011/2012 (con la “quota 96”)
di andare in pensione nel 2012, primo anno dell’era Fornero. L’emendamento a
loro favore dopo essere stato votato con la fiducia alla Camera è stato
eliminato, con la fiducia, al Senato. Un capolavoro di schizofrenia che ora,
secondo quanto riportato da orizzontescuola.it, potrebbe essere sanato con un
provvedimento ad hoc che, però, potrebbe contenere un’altra beffa: ammettere il
pensionamento con una penalizzazione del loro assegno.
Il
peccato originale della scuola italiana, in realtà, deriva dai tagli della
riforma Gelmini. Dietro il folklore del grembiulino si nascondeva il più
poderoso taglio di risorse mai effettuato.
Dalla Gelmini in poi, una politica a base
di tagli.
Secondo
i dati della Flc-Cgil, tra il 2007/2008 e il 2012/2013, a fronte di una
crescita di 90 mila alunni si sono avuti 81.614 docenti in meno: da 707 a 626
mila assunti a tempo pieno indeterminato. Le classi tagliate sono state 9 mila.
Il mito del maestro unico ha significato un taglio di 28.032 unità nonostante
gli alunni siano stati più di 18 mila con un taglio di oltre 4 mila classi. La
riorganizzazione dei licei e degli istituti tecnici presentata dall’allora
ministra Gelmini come rivoluzione, è servita a produrre una diminuzione del
corpo insegnanti di 34.464 unità con la soppressione, anche qui, di oltre 4
mila classi. Facile immaginare l’aumento del caos e dei carichi di lavoro. Nessuno
dei tre ministri in tre anni che l’hanno seguita (Francesco Profumo, Maria C.
Carrozza, giannini) ha saputo mettere le mani a questa iniquità. E la scuola
continua a scoppiare.
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