giovedì 21 agosto 2014

La transizione scuola-lavoro in Italia non funziona


 



Il ruolo chiave del sistema scolastico e delle politiche attive nel futuro lavorativo dei giovani

La transizione scuola-lavoro rappresenta un tunnel lungo e buio per molti giovani in tutto il mondo. Tuttavia, il problema non è uguale dappertutto; in Germania, ad esempio, i giovani hanno quasi la stessa probabilità di lavorare degli adulti, mentre nei Paesi mediterranei questa probabilità risulta essere di oltre tre volte inferiore: tale svantaggio dipende in gran parte dal divario di esperienza lavorativa dei più giovani rispetto agli adulti.
Queste discrepanze sono, in buona parte, dovute al sistema di istruzione e formazione e alle politiche attive presenti nei diversi Paesi.
I Paesi scandinavi (Finlandia, Svezia, Norvegia), per esempio, hanno un sistema di istruzione sequenziale, la cui missione è una formazione di carattere generale, mentre l’esperienza lavorativa va fatta dopo la scuola. Grazie alle politiche attive per l’impiego, impartite entro quattro mesi dall’inizio della disoccupazione, lo Stato aiuta i giovani a costruire le proprie competenze al termine del percorso scolastico.
Viceversa, nei Paesi dell’Europa continentale (Germania, Austria, Svizzera, Danimarca, Olanda, Francia) il sistema d’istruzione è duale, ovvero assume come propria missione non solo l’istruzione generale, ma anche quella professionale in azienda, da svolgere durante il percorso di studi e non dopo, come accade invece nei sistemi di istruzione sequenziali. Ciò implica che, appena conseguito il diploma, i giovani sono già pronti ad affrontare il mercato del lavoro, con una esperienza già alle spalle. Non a caso, questi Paesi hanno da sempre un basso tasso di disoccupazione e un bassissimo svantaggio relativo.



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